00 03/02/2009 12:00
MILANO (Reuters) - Eluana Englaro, la donna in stato vegetativo da 17 anni, è giunta all'alba alla casa di cura "La Quiete" di Udine, secondo quanto riferito da un dipendente della struttura sanitaria.

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Intanto uno dei medici che ha seguito la Englaro ha detto oggi che il sondino della donna non verrà staccato e che, dopo i primi tre giorni in cui si continuerà a nutrirla artificialmente, l'alimentazione verrà sospesa.

"Il sondino non verrà staccato e per i primi tre giorni si continuerà a nutrirla artificialmente, allo scopo di permettere al personale di verificare la situazione. Dopo questi tre giorni, senza staccare il sondino, verrà sospesa l'alimentazione", ha detto il professor Carlo Alberto Defanti.

L'ambulanza che trasportava Eluana, secondo quanto riferito da un dipendente della casa di cura "La Quiete", è giunta nella struttura sanitaria di Udine qualche minuto prima delle 6 del mattino.

Il sindaco di Udine si era impegnato ad ospitare la donna per procedere poi alla sospensione dell'alimentazione forzata.

Nella notte, Eluana ha lasciato la casa di cura "Beato Luigi Talamoni", a Lecco, dov'era ricoverata da alcuni anni.

La vicenda, che si trascina da diversi anni tra ricorsi legali e polemiche politiche, ha avuto un'ulteriore svolta lo scorso 26 gennaio, quando il Tribunale amministrativo della Lombardia ha accolto il ricorso di Beppino Englaro per annullare il provvedimento con cui la Regione negava alle strutture sanitarie sul suo territorio la possibilità di interrompere l'alimentazione forzata.

Il padre di Eluana dice di difendere la volontà della donna di morire se si fosse trovata nelle circostanze attuali.

Nei giorni scorsi, i presidenti di Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna avevano detto che, se fosse stato loro chiesto, avrebbero messo a disposizione le strutture sanitarie delle loro regioni.

A metà gennaio, il consiglio di amministrazione di un'altra clinica di Udine aveva deciso di non accogliere Eluana, dopo la minaccia del ministro della Salute Maurizio Sacconi di assumere provvedimenti contro le strutture sanitarie che si fossero prestate a quello che per la Chiesa cattolica è un atto di eutanasia.

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